Il tema scelto per il ventennale della Befana sul Lambro è il gioco. Ci è sembrato un ottimo filo rosso che lega quanto realizzato negli anni, ma anche lo spunto per lanciare un’ulteriore riflessione. In effetti è molto che giochiamo, ma non è certo tempo buttato, convinti come siamo che il gioco sia un affare estremamente serio. Così come lo sono i bambini. Avete mai visto i bambini giocare? Niente di più serio, e guai a fare i furbi. Per l’adulto da una parte è la vita vera, dall’altra il gioco. Gioco come pausa, passatempo, l’hobby che in realtà è la spia della noia. Per lo più non sappiamo giocare. Per il bambino invece vivere e giocare sono una cosa sola; anzi, giocare è vivere davvero, godere della vita. Il gioco ha le sue regole precise, i suoi vincoli entro i quali è necessario muoversi se si intende partecipare. E tuttavia, proprio perché regolato, il gioco è anche sregolante, il suo è un “equilibrio instabile”. La regola, il caso e l’invenzione: ecco gli elementi del gioco. E’ il regno in cui si congiungono la comprensione della regola e l’immaginazione che rende possibile la sua riscrittura. Questo significa che giocare è ricreare ogni volta di nuovo il gioco, immaginare un luogo ancora diverso e reinventarsi come attori sulla nuova scena. Di qui il sentimento di intensità e pienezza che accompagna i giochi dei bambini. Giocare è vivere davvero perché è fare esperienza di noi stessi: esperienza della libertà che si esprime nell’immaginazione e nell’invenzione ed esperienza della comunità, perché in ogni gioco vi è un legame all’altro, anche se solo implicito. Nel gioco non si è mai soli. Nel corso di questi anni abbiamo voluto giocare, ovvero abbiamo tenuto aperto uno spazio di libertà e comunità, un’occasione di comprensione del presente e di immaginazione del nuovo; a pensarci bene, in altri termini, uno spazio politico. Allora abbiamo giocato sul serio e ci siamo impegnati nel mostrare che è scorretto il modello che pensa la leggerezza del gioco e la gravità della vita come irrimediabilmente separati: una di qua e l’altra di là. Al contrario, le due non si escludono, ma la prima è dentro la seconda, perché, si sa, se non c’è gioco il meccanismo, la macchina, si inceppa, rischiamo di scoprirci macchine inceppate.