Questo pomeriggio piove,
un primo schiaffo d’Autunno. Vado al Laboratorio, sono solo. Mentre
guido penso che là saranno già al lavoro, che quando arriverò mi
sentirò accolto dalle voci. In effetti mi piace, quando arrivo al
capannone, fermarmi un momento fuori dal portone ad ascoltare i suoni
e le voci. Scendo dall’auto e… il Laboratorio è chiuso, col
lucchetto. Inaspettata questa possibilità, definitiva. Piove.
Sono indeciso sul da
farsi: torno verso casa o telefono al Mason? Opto per la seconda
possibilità.
Un “pronto” sfiatato
mi risponde.
Ciao Enrico, dove sei?
A casa.
E tu?
Al capannone ma non c’è nessuno.
Scendo ora…però forse è meglio che vieni a casa mia, ho tirato fuori un po’ di cose vecchie da leggere.
Suono il campanello “Chi
è?” dicono da dentro. “Sono io” ed entro.
Lui ha due occhietti da
appena svegliato, il cuscino sul divano ha ancora la forma della
testa.
No, non dormivo (bugia), sono rientrato adesso (doppia bugia).
Dopo i primi attimi di
“presa di contatto” Enrico mi fa sedere al tavolone e comincia a
sparpagliare le carte, i plichi. E si comincia.
Dopo qualche incertezza
iniziale,l’entusiasmo viene a galla e i pensieri si formano ed
intrecciano. Capisco che anche questo fa parte del laboratorio.
Mentre si parla si materializzano possibilità ed idee prima
sconosciute, si palesano nuovi orizzonti, o meglio, gli stessi
orizzonti e temi con interpretazioni diverse e nuove collocazioni. Il
confronto diventa magicamente costruzione, comprensione e
affinamento.
Corrono sul tavolo
libretti, fogli, vecchi articoli di giornale, documenti. Tutto
testimonia un impegno soprattutto sociale della Befana, un troppo
spesso silente lavoro recupero del perso che attende, ogni anno
attende, una risposta, un riconoscimento che tarda. Il riconoscimento
che non deve finire all’arrivo della vecchia signora, ma che deve
continuare negli atti, nelle azioni. Vero, molto difficile trovare un
anche piccolo spazio da dedicare al mito, ai ricordi, alle fiabe del
fiume.
Viviamo in un periodo in
cui tutto deve servire a qualcosa e servire subito: pronta cassa,
pre-pensato-masticato- da altriinterpretato e servito sul piatto del
mercato. Qui, diventa difficile imparare dagli errori, fare gli
errori, cambiare idea, tornare indietro per riprendere da un’altra
parte, in poche parole, vivere con coscienza.
Il fiume lo sa bene e
sopporta con pazienza, con quella pazienza che non conosciamo più
.
A.S.