Piove

Questo pomeriggio piove, un primo schiaffo d’Autunno. Vado al Laboratorio, sono solo. Mentre guido penso che là saranno già al lavoro, che quando arriverò mi sentirò accolto dalle voci. In effetti mi piace, quando arrivo al capannone, fermarmi un momento fuori dal portone ad ascoltare i suoni e le voci. Scendo dall’auto e… il Laboratorio è chiuso, col lucchetto. Inaspettata questa possibilità, definitiva. Piove.
Sono indeciso sul da farsi: torno verso casa o telefono al Mason? Opto per la seconda possibilità.
Un “pronto” sfiatato mi risponde.

Suono il campanello “Chi è?” dicono da dentro. “Sono io” ed entro.
Lui ha due occhietti da appena svegliato, il cuscino sul divano ha ancora la forma della testa.

Dopo i primi attimi di “presa di contatto” Enrico mi fa sedere al tavolone e comincia a sparpagliare le carte, i plichi. E si comincia.
Dopo qualche incertezza iniziale,l’entusiasmo viene a galla e i pensieri si formano ed intrecciano. Capisco che anche questo fa parte del laboratorio. Mentre si parla si materializzano possibilità ed idee prima sconosciute, si palesano nuovi orizzonti, o meglio, gli stessi orizzonti e temi con interpretazioni diverse e nuove collocazioni. Il confronto diventa magicamente costruzione, comprensione e affinamento.
Corrono sul tavolo libretti, fogli, vecchi articoli di giornale, documenti. Tutto testimonia un impegno soprattutto sociale della Befana, un troppo spesso silente lavoro recupero del perso che attende, ogni anno attende, una risposta, un riconoscimento che tarda. Il riconoscimento che non deve finire all’arrivo della vecchia signora, ma che deve continuare negli atti, nelle azioni. Vero, molto difficile trovare un anche piccolo spazio da dedicare al mito, ai ricordi, alle fiabe del fiume.
Viviamo in un periodo in cui tutto deve servire a qualcosa e servire subito: pronta cassa, pre-pensato-masticato- da altriinterpretato e servito sul piatto del mercato. Qui, diventa difficile imparare dagli errori, fare gli errori, cambiare idea, tornare indietro per riprendere da un’altra parte, in poche parole, vivere con coscienza.
Il fiume lo sa bene e sopporta con pazienza, con quella pazienza che non conosciamo più
.


A.S.