Befaneira - Danza Macabra
di Mario Vergani


Ci è sembrato naturale quest’anno dedicare la Befana sul Lambro al drammatico episodio di devastazione ambientale che il fiume ha subito recentemente. Solo alcuni dati per richiamare l’accaduto: nella notte tra lunedì 22 e martedì 23 febbraio 2010 è stato provocato un versamento di circa 2,5 milioni di litri di idrocarburi (pari a 170 autocisterne) fuoriusciti dalla “Lombarda Petroli” di Villasanta. Nonostante i ripetuti tentativi di arginare la marea nera, questa ha attraversato il fiume e si è scaricata nel Po, provocando enormi danni all’ecosistema e uccidendo numerosissime forme di vita vegetali e animali di un fiume, il Lambro, già tra i più inquinati d’Europa, oltre che dei territori circostanti, rive e canali collegati. Tracce di versamenti sono stati trovati anche a monte di Villasanta; dunque c’è stato chi ha approfittato del disastro per compiere un ulteriore crimine, scaricando in acqua illegalmente i liquami dei quali non sapeva come liberarsi. La coltre nera dalla superficie si è quindi depositata sul fondo, asfissiando il respiro del fiume. Il 24 febbraio è stato aperto un fascicolo contro ignoti presso la procura della Repubblica di Monza con l’ipotesi di reato di “disastro ambientale”

Siamo partiti da questo disastro e su questo abbiamo avviato la nostra riflessione. Ora, in che modo tutto ciò si riferisce al tema di quest’anno - Befaneira (danza macabra) - è immediatamente evidente. Di fronte all’onda nera la Befaneira. Sembra poco? Che razza di argine è mai questo? Di fronte a un disastro ambientale di tali proporzioni stiamo a scherzare? A questa pur ragionevole obiezione è necessario rispondere testardamente: non sottovalutiamo la Befaneira.

Vogliamo aggiungere un’altra premessa: quest’anno la riflessione è stata avviata a rovescio. Non quindi da un problema più teorico, ma dalla visione condivisa di una serie di schizzi e dipinti di Enrico Mason di grande forza drammatica e poetica, dai quali traspariva, ci sembrava, un’idea ricorrente che abbiamo cercato di rappresentare anche a livello discorsivo. Ne è uscita l’idea della Befaneira (danza macabra), un testo più letterario che concettuale e che ora, per cominciare, leggeremo.


Befaneira

(danza macabra)


Il sudario nero copre il volto del fiume senza più respiro.

Orrore della decomposizione e del lezzo che emana!

Chi avrà il coraggio di sollevarlo?

La Befana avanza, i cuori tramano, gli animali tacciono, gli orologi cessano di battere il tempo. Di fronte all’istante sospeso, alla porta dell’impossibile.

Un gioco di polso della vecchia, cade il velo e si apre il sipario: sono scheletri di pesce scintillanti, fanciulle che scivolano accarezzate dall’acqua e scendono a valle, monili e maschere d’oro senza espressione…

Sarcofago e scrigno, il fiume vomita i suoi tesori.

Ha inizio la Befaneira – verminaio e danza – il carnevale macabro che possono vedere solo gli spettri, i cani col pelo irto e i bambini dal cuore intrepido


Quanto è accaduto sul Lambro ha prodotto dei danni enormi. Innanzitutto sul fiume. Questo scempio richiede un intervento umano, delle politiche ambientali che saranno lunghe e faticose e che necessitano di investimenti che non possiamo esimerci dal richiedere con tutta la forza possibile. In definitiva però - ci riferiamo al caso specifico - il fiume stesso, la natura riassorbirà il danno. La natura metabolizzerà, sanerà, suturerà le ferite che l’uomo le infligge. A fronte di questa ingiuria compiuta sul corpo del fiume la risposta, necessaria, sarà ecologica. Ma non basta. Perché qui si è prodotta un’ulteriore ferita, più profonda e dunque più difficile da curare. Una ferita nell’immaginario. Se la natura sana le ferite dell’ambiente, chi sanerà le ferità dell’anima? Ora la risposta in questo caso non può essere ecologica, ma culturale, poetica, simbolica. Questa è la risposta del laboratorio teatrale della Befana sul Lambro: un intervento culturale, di ri-poeticizzazione. Forse mai come quest’anno, le parole che tante volte abbiamo proposto come i punti di forza delle nostre iniziative mostrano quanto siano necessarie. Il laboratorio si è sempre concepito come comitato per la difesa dell’immaginario dell’infanzia. Ora qui abbiamo assistito ad uno scempio compiuto su questo immaginario. Dal punto di vista simbolico, quanto accade associa il fiume alla morte. Il fiume non è più simbolo di vita, ma di morte. L’onda nera ne è una metafora perfetta: copre come un sudario, non lascia respirare né piante né animali. L’onda nera simboleggia anche la coltre che si pone davanti agli occhi - davanti al volto - e che non ci permette di vedere oltre, senza futuro e senza speranza. Invertire questa tendenza, cambiare è impossibile: lo sfruttamento e il degrado, la manipolazione dell’ambiente rappresentano l’unico modo di rapportarci ad esso. Ecco la ferita nell’immaginario: passa e resta questa rappresentazione. Sul fondo delle nostre menti si deposita questa idea, come il liquame si deposita sul fondo del fiume. Non lo sappiamo, ma restano lì sotto e da lì - senza che ce ne rendiamo conto - continuano a soffocare il respiro del fiume e la nostra capacità di immaginare

Ora cos’è un intervento poetico? Nel breve testo è rappresentato dalla “Befana che avanza” e che sta per compiere l’impossibile, a fronte del quale i cuori tremano, tacciono gli animali e gli orologi. Un intervento poetico è un gioco di polso, un’invenzione, un atto creativo. Questo coincide con la caduta di un velo. Voi sapete che il velo simboleggia la verità: l’arte disvela, apre un mondo diverso. Non un altro mondo, ma trasfigura questo mondo. Cioè lo fa vedere altrimenti: interviene esattamente sull’immaginario. Questo è evidente là dove si dice che il sudario è velo e sipario: cioè il gesto creativo trasforma la scena, trasforma l’immagine. Fa vedere, alla lettera, un altro mondo agli occhi di chi è disposto a vedere: gli spettri - né vivi né morti, cioè tutti noi quando siamo fuori posto, né qui né là, quando non ci accomodiamo, non ci accontentiamo, non ci rassegniamo -, gli animali e soprattutto i bambini dal cuore intrepido. I cui occhi non attendono altro che vedere l’invisibile, le cui mani non vogliono altro che fare l’impossibile.

E’ importante però chiarire fino in fondo come opera questo intervento poetico, simbolico. Sanare il danno ambientale significa restituire il corpo alla sua integrità: il corpo del fiume risanato torna ad essere quello di prima. Dalla vita, alla morte, alla vita. Sanare la ferita dell’immaginario è invece un altro tipo di operazione: non si tratta di tornare a ciò che era prima, ma al contrario di vedere in altro modo quello che resta tale e che abbiamo sotto gli occhi, questa macabra scena. Non nascondere la realtà, ma trasfigurarla. Non dalla vita, alla morte, alla vita; ma dalla vita alla morte per giungere alla morte viva. Cosa appare, aperto il sipario? Un verminaio che è danza, un carnevale macabro. Resta verminaio, ma la potenza poetica lo trasforma in altro; resta una scena macabra, ma diviene anche carnevale. Non di nuovo pesci vivi: ma scheletri di pesce - morti dunque - che danzano. E’ un gesto che sana le ferite nell’anima, le ferite nell’immaginario, le sana sempre più in profondità, affondando nell’immaginario che si è sedimentato nella memoria: non solo gli scheletri danzanti di oggi; ma anche le donne che negli anni passati si suicidavano nel fiume e che divengono, per la forza della parola, fanciulle accarezzate dall’acqua, là dove la morte viene trasfigurata in dolcezza; e ancora più indietro, il sudario diviene maschera d’oro funeraria di un passato remotissimo che sprofonda nella memoria più antica.

Quello che era un sarcofago - il contenitore del corpo morto, il morto fiume - diviene uno scrigno. Il fiume vomita i suoi tesori: perché anche quanto è vomitevole e rivoltante, grazie alla forza della poesia, può divenire prezioso. Ecco, a questa trasfigurazione assisteranno, la notte della Befana, i bambini dal cuore intrepido.

Mario Vergani