Contributi culturali 2009

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BEFANA SENZA PAURA! di Iride Enza Funari

Appena Babbo Mason mi ha detto l’argomento da trattare per BEFALAMBRO ho pensato caspita!! Sì però, io, la Befana che faccio adesso… gli ho fatto un mezzo sorrisetto tra l’imbarazzato e scusa ma come ti permetti. Certo sia io che Enrico, beh sappiamo questa cosa, in questi anni insieme ci abbiamo anche un po’ giocato. Lo so che faccio un po’ paura ma se ne parliamo in modo esplicito ai bambini riusciranno a capire, insomma dobbiamo spiegargli proprio tutto!! E lui: “Ma sì, vedi, è importante. Con questa storia della paura stiamo facendo una gran confusione e dobbiamo spiegare ai bambini che un po’ di paura non fa male, però, però….. bla bla”….. così, quando sono rimasta da sola nella mia catapecchia ho iniziato a canticchiare la canzone di Jovannotti “Safari” e ho pensato, certo non è un caso, questa PAURA deve far PAURA a tanti. Jovanotti ad un certo punto canta queste parole:

“Ci dicono continuamente che nessuno è al sicuro
ma questo lo sapevo già
e non è mai stata una buona scusa
per barricarmi dentro casa
la tele accesa e la porta chiusa.
Safari
dentro la mia testa
ci son più bestie che nella foresta…”


Eccole le BESTIE!! Che ci fanno tanta paura, non solo ai bambini, anche a noi grandi sapete. Allora torniamo indietro, all’inizio della canzone, nella prima strofa Jovanotti canta così:
“La notte ha mille porte”.
Sì, così va meglio, possiamo quindi scegliere, abbiamo mille possibilità di fare un percorso, certo lo so, anch’io vi faccio un po’ paura bambini: un po’ gobba, con il buio che mi porto alle spalle, il sorriso un po’ sdentato, la vocina stridula…. ma per tranquillizzarvi voglio regalarvi una storia, così per capire che la paura non fa poi così paura se la conosciamo meglio. Come dice Jovanotti:
E’ TUTTO NELLA NOSTRA TESTA, ci gira dentro, ci scivola giù nello stomaco, ci fa traballare le gambe, poi risale in bocca e ci fa sbattere i denti, impallidire…. e tante altre cose fastidiose che nessuno vorrebbe provare… però insomma, a volte, lei la paura ci torna utile, ci fa crescere e questa favola vuole spiegare un po’ il perché.


IL CONIGLIETTO CHE AVEVA SEMPRE PAURA

Favola tratta da: Alba Marcoli, “Il bambino nascosto”, Favole per capire la psicologia nostra e dei nostri figli, Psicologia, Oscar Saggi Mondadori

Un giorno d’autunno il bosco fu percorso da tuoni, lampi e fulmini. Si era scatenato un temporale così violento come da anni nessuno ricordava. A un tratto il cielo era diventato nero, scuro come il carbone e il bosco era caduto nel buio prima ancora che il sole tramontasse. Una famiglia di coniglietti che era andata a spasso per il bosco era rientrata precipitosamente nella tana, mamma, papà e una nidiata di undici figli. I cuccioli erano quasi morti dallo spavento e dalla paura; una cosa del genere non l’avevano mai vista nella loro vita, e per questa ragione non pensavano nemmeno che potesse esistere. I genitori dovettero faticare moltissimo a calmarli e dovettero spiegare che quello era un evento che succedeva normalmente nel bosco, anche se non tutti i giorni. Però, nonostante tutte le rassicurazioni, i cuccioli un bel po’ di paura l’avevano ancora tutti quanti. Quello che ne aveva più di tutti era Undi, il più piccolo. Il suo problema era che la paura del temporale si era aggiunta a tutte le altre che aveva già dentro e che erano tante che a volte lui stesso si meravigliava di come in un corpo piccolo come il suo ce ne potessero stare un numero così grande. E così il coniglietto se ne stava acquattato in un angolo della tana e tremava ogni volta che il vento portava dentro il rumore di un nuovo tuono, ma a furia di stare in un angolo a occhi chiusi, alla fine si addormentò e cominciò a sognare. Gli sembrò di andare lungo un canale che non finiva mai e che correva in una campagna solitaria. Il canale era popolato da tanti strani esseri che lui non aveva mai visto: non avrebbe saputo dire se erano animali o piante o qualcosa d’altro. Si vedeva però che erano vivi e che bisbigliavano tra loro e la loro voce assomigliava a quella del vento nella brughiera in certe serate d’autunno. A un tratto Undi fu colto dal desiderio di sapere chi fossero questi strani esseri, si fermò, raccolse tutto il suo coraggio e chiese a uno: «Dimmi, chi sei? Come ti chiami?». «Che strano,» rispose l’altro «tutti i cuccioli mi conoscono, come mai tu non mi hai riconosciuta? Io sono la paura del buio, guarda come sono nera!» «E tu?» «Io sono la paura del temporale, senti che parlo come un tuono!» «E quell’altra laggiù?» «Quella è la paura del terremoto, vedi come fa traballare tutto!» «Ma allora voi tutte chi siete?» «Sei proprio un cucciolo con poca fantasia! Noi siamo tutte le paure che i cuccioli incontrano sul loro cammino. Siamo quelle che li aiutano a crescere e viviamo tutte in questo canale che scorre, scorre, giorno dopo giorno, come la vita dei piccoli e dei grandi» «Ma quante siete in questo canale?» «Ah, questo non lo sappiamo neppure noi, siamo tante, proprio tante; pensa che anche fra di noi non ci conosciamo tutte.» «Ma quando si cammina lungo il canale vi si incontra tutte?» «No, ci sono certi che ne incontrano alcune, altri ne incontrano altre; però qualcuna, come me, viene incontrata da quasi tutti», rispose la paura del buio. «Ma esiste una paura che sia più grande delle altre?» «Eh, sì» risposero tante voci in coro «esiste: è la Paura della Paura. Chiunque la può incontrare sul proprio cammino, anche i grandi, non solo i cuccioli.» «E dov’è questa paura?» chiese spaventato Undi per prepararsi a scappare se l’avesse incontrata. «Non lo sappiamo. E’ sicuramente lungo questo canale, ma nessuno di noi sa dove. La si può incontrare all’improvviso, quando uno non se lo aspetta, oppure la si può non incontrare mai; ma dove la si trovi nessuno lo sa.» «Ma allora voi siete delle cose cattive; bisognerebbe uccidervi perché fate soffrire tutti» disse il cucciolo arrabbiato. Gli sembrava proprio che fosse una grande ingiustizia che ci dovessero essere tante paure e che dovessero fare così male come facevano a lui ogni volta che se le sentiva dentro. Ma evidentemente le Paure non erano dello stesso parere, perché si sentì una voce che si levò dal canale e disse: «E’ qui che ti sbagli, Undi» (e il coniglietto si accorse che non era solo lui a conoscere le paure, anche loro lo conoscevano, se sapevano addirittura il suo nome); «noi siamo necessarie per poter crescere. Se tu non vuoi cadere nella trappola di un cacciatore nel bosco, è meglio che impari a conoscerla e ad averne paura. Sarà lei che ti aiuterà a evitare la trappola quando la incontrerai. Anche noi paure serviamo a uno scopo, come tutto quello che avviene nel tuo bosco.» «Ma a che cosa servite?» chiese incredulo Undi. «A fare esperienza e quindi a vivere. Ognuna di noi ha un suo significato e se si impara a conoscerlo si impara a vivere.» “Chissà se potrò arrivare a conoscere il significato delle mie paure” pensò allora il cucciolo. Forse era il modo giusto per liberarsene, una volta per tutte e così chiese: «Posso sapere il vostro significato?». Ci fu una risata: «Sarebbe comodo per te; così non dovresti faticare! Eh, no caro Undi, sei tu che devi scoprirlo mentre cammini lungo il canale. Però un aiuto te lo possiamo dare: puoi interrogare tre paure per sapere parte del loro significato. Le altre le dovrai scoprire tu». Il cucciolo pensò a tutte le sue paure, ma erano talmente tante che non sapeva da dove cominciare. Finalmente si decise. «Tu, che sei la paura del buio, mi dici a che cosa servi?» «Servo a liberarti dalle cose che ti spaventano dentro di te. Il buio è lo schermo su cui proiettiamo il film dei fantasmi che ci disturbano dentro. Man mano che un cucciolo cresce e che i fantasmi diminuiscono, anche la paura del buio di solito diminuisce e poi passa, perché ognuno impara a vedere con gli occhi della mente che fanno luce anche nel buio più profondo.» E con un guizzo la prima paura scomparve dal canale. «E la paura d’essere abbandonato?» «Eccomi,» rispose una voce lontana che poco a poco si avvicinò «eccomi qua. Io esisto dal momento in cui un cucciolo nasce. Agli inizi è un piccolo essere che ha proprio bisogno di tutto, che deve essere accudito dai genitori, che anzi morrebbe se ne venisse separato, non potendo sopportare un cambiamento così brusco come quello di passare dal corpo protetto della madre, o dal tepore, di nuovo al freddo, al vento e alla pioggia. Però, man mano che passa il tempo, tutti i cuccioli imparano, a poco a poco, a conquistare la sicurezza che quando erano piccoli i genitori davano loro, altrimenti corrono il rischio di restare sempre indifesi e bisognosi di protezione. Il segreto più semplice ed efficace è questo: se un cucciolo si porta nella mente un papà e una mamma che lo proteggono, si sente lo stesso sicuro, anche se per un pochino se ne deve separare.» E anche la paura d’essere abbandonato guizzò via lungo il canale e scomparve lontano. Ora a Undi restava l’ultima possibilità: ci pensò e ripensò, ma gli era difficile decidersi, poi la curiosità prevalse: «Potrei sapere il nome di almeno una parte di voi?». Forse il fatto di conoscere l’esistenza di tante paure, anche di quelle che lui non aveva incontrato, l’avrebbe aiutato a vincere le sue, pensava. «Sì, di alcune lo puoi sapere, ma non di tutte, perché siamo troppe. Ascoltaci» E così, a poco a poco, dal canale si levarono una dopo l'altra tante voci che si inseguivano come quelle del vento sull'erba di primavera:
«Io sono la paura di perdere gli amici.»
«E io che i genitori si dividano.»
«E io che la mamma scappi di casa.»
«E io della droga.»
«Di essere rapito.»
«Di andare sotto le macchine.»
«Del terremoto.»
«Della fine del mondo.»
«Di essere povero.»
«Di essere bocciato.»
«Di non parlare più.»
«Dell'ospedale.»
«Che la mamma muoia.»
«Che io muoia.»
«Di non camminare più.»
«Che ci sia sempre la notte.»
«Che si spenga la luce.»
«Dei brutti sogni.»
«Di restare solo.»
«Che crolli la casa.»
«Della terza guerra mondiale.»
«Di andare ogni minuto al gabinetto.»
«Di diventare amico del diavolo.»
«Di andare all'inferno.»
«Di essere arrestato.»
«Di essere paralizzato su una sedia a rotelle.»
«Di essere accoltellato.»
«Di non essere amato.»
«Che gli altri non mi vogliano.»
«Che aumentino le tasse.»
«Di perdere i sensi.»
«Di non pensare più.»
«Di non poter più ridere.»
«Di morire di fame.»
«Di essere picchiato.»
«Della cassa integrazione.»
«Di essere licenziato.»
«Di essere sfrattato di casa.»
«Di andare per strada nudo per mancanza di soldi.»
«Di fare sempre la pipì a letto.»
«Che i miei genitori non mi vogliano più bene.»
«Dei ladri.»
«Di morire di sete.»
«Che si spezzi il cuore.»
«Di vivere.»

E a poco a poco le voci si allontanarono tanto che il coniglietto non le sentì più. Un pochino però si sentiva sollevato perché aveva scoperto che esistevano anche delle paure che lui non conosceva e che non aveva mai incontrato. E così continuò a camminare lungo il canale, finché gli sembrò di inciampare su una grossa pietra e si svegliò. In realtà, muovendosi nel sonno, aveva sbattuto la testa contro la parete della tana, e si era svegliato. Fu allora che il coniglietto si rese conto che il suo viaggio era avvenuto in sogno. Si stirò un pochino, sbadigliò, si guardò in giro e si ritrovò tutto solo dentro la tana, ma questa volta non si spaventò tanto. Il vento non portava più il rumore dei tuoni e i suoi genitori e i fratellini erano usciti. Undi decise di uscire anche lui e scoprì che il temporale era passato e la luce del sole era tornata a brillare sul bosco e su tutte le gocce di pioggia ferme sulle foglie. Anche gli altri animali uscivano a godersi lo spettacolo. Tra poco cuccioli e anziani si sarebbero riuniti nello Spiazzo delle Sette Querce per raccontare le storie e ora anche lui aveva il suo sogno da regalare agli altri cuccioli perché anche loro imparassero il suo segreto. Qualche paura era rimasta là, dentro al sogno, e il coniglietto ormai non la sentiva più. Le altre sapeva che le avrebbe potute incontrare e affrontare, giorno dopo giorno, proprio come era avvenuto nel suo sogno lungo il canale. Ma, soprattutto, di una cosa si rese conto, stupito: che le paure non gli facevano più la stessa paura di prima. Evidentemente, anche se non se n'era accorto, nel cammino lungo il canale aveva incontrato e superato la Paura della Paura. Bene, bene, caro Babbo Mason ti mando questa storia nella speranza ti sia di aiuto per spiegare ai tuoi bambini di non avere troppa paura della paura………… per quanto riguarda i grandi………… beh è tutta un’altra storia ma nella saggezza delle favole si possono trovare tante risposte e voi bambini, ora che sapete il segreto della paura, parlate a mamma e papà e dite che non trovate giusto che certi uomini si approfittino di questa cosa per annientare i pensieri positivi, quelli belli che ci fanno sognare e non avere incubi, la paura se male usata può annientare i colori e la forza di reinventare ogni giorno un mondo a misura d’uomo o meglio a misura di bambino. Bravo Mason, sconfiggiamo questa idea perseverante, allarghiamo le ali della fantasia e che Jovanotti possa sempre cantare IO PENSO POSITIVO PERCHE’ SON VIVO!!

Un abbraccio, Befana

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